Guido Speranza – 49
Ad una settimana dalla terapia Guido e Daria tornarono all’ospedale per fare una visita e gli esami del sangue.
Come sempre si sedettero nella sala d’aspetto, ma questa volta era cambiato qualcosa.
Le diverse voci di medici ed infermieri che chiamavano i malati con l’altoparlante non pronunciavano più i nomi, ma i numeri che venivano consegnati loro alla reception.
Ecco a cosa serviva quel 155 che gli era stato dato:
“Tenga questo e stia attento” gli aveva detto l’infermiera.
Guido non si era attentato a domandare “Attento a cosa?” ed aveva semplicemente pensato che avrebbe compreso attendendo ed osservando ciò che accadeva intorno.
In effetti fu così.
Si accorse che aveva imparato a fare una cosa che, all’apparenza sembrava semplice, forse ovvia, ma che nella realtà richiedeva grande capacità.
Era riuscito ad apprendere l’arte dell’attesa.
Sì, perché saper aspettare e non lasciarsi sopraffare dall’ansia del sapere e del dover dire e del dover fare e del dover andare concede alle persone la libertà dal controllo.
A dir la verità quel numero gli dava un po’ da fare … gli sembrava di essere alla Coop … gli sembrava di perdere un po’ di identità … ma non poteva brontolare su tutto e pensò bene di concludere tutti i suoi pensieri con una battuta.
Si voltò verso Daria, ma non fece in tempo ad aprire bocca che lei lo anticipò:
“Ma guarda la coincidenza … 155 come 15 maggio la data di nascita di mia madre!!!”
“Eccolallà … adesso sì che mi piace essere identificato con sto’ numero!!!”
“Ma se sei il genero preferito!”
“L’unico vorrai dire!”
“Uffa, sei sempre un precisino … che differenza fa se unico o in molti, sempre il preferito rimani … guarda il traguardo, non la strada per arrivarci …”
In quel mentre una voce chiamò il 155.
“Andiamo Daria ci hanno già chiamati … il nostro traguardo per oggi è tornare a casa con le nostre gambe e berci un bicchiere di vino quando i bimbi dormono … non stiamo a guardare la strada che dobbiamo fare per arrivare a stasera … dopotutto essere qua, farmi bucare il braccio e visitare è un particolare e non voglio essere un precisino!”
Guido strinse l’occhio alla moglie e lei rispose con un sorriso rassicurante:
“Dopo il prelievo, però, mi offri la colazione al bar qua fuori, perché occorrono piccoli intervalli piacevoli per arrivare al traguardo finale!”
Trovo meravigliosi i …”piccoli intervalli piacevoli per arrivare al traguardo finale”… intanto che si va avanti.